Abitiamo l’epoca e la parte di mondo migliore, facciamo parte del miliardo di esseri umani (su otto) più fortunato, eppure molti di noi sono insoddisfatti della propria vita. Manca qualcosa, i conti non tornano, ci si è persi strada facendo e, bloccati nel traffico delle 19, ci si accorge che non si ha più nemmeno voglia di tornare a casa, di andare al lavoro l’indomani, di aspettare il fine settimana o le ferie, di tenere duro fino alla pensione. Non ricacciare indietro certi pensieri può farci cadere in un vortice di domande senza risposta, di rimpianti e frustrazioni, di irrisolti e irrisolvibili. Soprattutto, si finisce col perdere il senso, o con lo scoprire che un vero senso non c’è mai stato. Ecco che il disappunto verso un lavoro non amato può assumere l’aspetto di una crisi esistenziale scatenata dalla mancata realizzazione personale, tema ben noto alla filosofia e alla psicologia eppure mai convincentemente approfondito, perché porta a parlare di talento e a equivocarlo con termini quali prestazione d’eccellenza, rarità, superiorità. Sono storture di un sistema basato sulla competizione, sulla valutazione e sul premio, fabbrica di perdenti che rende il mondo una piramide e noi scalatori dal compito obbligato: salire il più possibile. In realtà il talento non ha alcuna unità di misura: è personale, unico, irripetibile. È fatto di confronto con se stessi, risonanza, passione, restituzione e dell’intima convinzione che quella cosa, in quella specifica circostanza, “posso farla solo io: tocca a me e nessuno potrà farla al posto mio”
17 euro - dal 31 marzo in libreria
Se parli troppo con un figlio devi stare attento, perché un giorno potrebbe accusarti di avergli fatto il lavaggio del cervello, se ci parli poco potrebbe sempre pensare di non essere abbastanza per te. Se le cose gli vanno male e lo incoraggi dicendogli che credi in lui, potrebbe un giorno raccontare al suo terapeuta che non poteva permettersi di fallire per non deluderti. D’altronde, se ti fossi arrabbiato perché si piangeva addosso, avrebbe certo raccontato che hai sempre preteso troppo e che non l’hai mai accettato per quello che era. La verità è che qualsiasi cosa farai, sarà usata contro di te, ma non preoccuparti: il miglior genitore non è colui che viene ricordato come un insostituibile maestro, ma chi riesce a dare ai figli la sensazione di esserci riusciti soprattutto da soli.
Questo libro parla anzitutto di noi genitori, di chi un bel giorno s’è ritrovato fra le braccia un frugolino scoprendosi follemente innamorato senza averci mai nemmeno parlato, eppure nel profondo di te sapevi che quel cuore batteva nel tuo già da anni, e sapevi che l’avresti incontrato. È quindi un libro di gioia ma anche di dolore, di difficoltà insormontabili come sempre accade nelle grandi storie d’amore. È il frutto del mio essere genitore di quattro figli ormai adulti e del mio lavoro di psicoterapeuta, a contatto con altri figli e genitori reali e raccontati, con mille storie che meriterebbero un libro ciascuna, coi sorrisi e le lacrime di chi ci ha creduto ma s’è smarrito, di chi c’è riuscito e di chi ci sta provando.