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Il mio approccio

Integrazione e sistemica in psicoterapia

Una folgorazione: solo così posso descrivere il mio incontro con la teoria dei sistemi complessi. Ero uno psicoterapeuta in formazione, la scuola che frequentavo aveva un approccio integrato che riusciva a far dialogare il modello della Gestalt fondato sul riconoscimento e l’accettazione delle emozioni nel qui ed ora e quello del cosiddetto Cognitivismo “caldo” volto a dare significati a quelle emozioni, sviluppando una narrazione personale coerente e funzionale. In quegli anni la Scuola mi fece anche conoscere diversi altri modelli psicoterapeutici, eppure mancava qualcosa, mi mancava qualcosa, al punto che finalizzai la tesi di specializzazione a un primo potente approfondimento della teoria dei sistemi. Il titolo suonava eloquente: Eadem mutata resurgo – Psicoterapia ai margini del caos. Contemporaneamente bussavano alla mia porta una serie di ulteriori contributi provenienti dalla precedente esperienza di psicomotricista e pedagogista clinico, anni in cui avevo studiato, amato e spesso applicato i principi di autori come Maslow, Rogers, Vayer, Montessori, Neill, Dewey, Godwin, Proudhon e tanti altri, oltre agli approfondimenti che andavo facendo grazie ai laboratori esperienziali che tenevo da tempo all’università. In questo apparente guazzabuglio imparai a muovermi con cautela, iniziando a praticare la psicoterapia così come m’era stata insegnata nella specializzazione e inserendo solo in un secondo momento, con attenta gradualità, gli elementi che andavano assembrandosi fuori dal mio perimetro di azione. Adesso, passato qualche altro lustro, posso tentare una prima sintesi dell’approccio che seguo, cosciente del fatto che anch’esso è un sistema complesso il quale, per definizione, è suscettibile di ulteriori sorprendenti evoluzioni.

Inizio col dire che in psicoterapia l’integrazione è il processo del rendere intero ciò che è frammentato in parti di sé ora funzionali ora irrisolte, sofferenti o disfunzionali, talvolta persino sconosciute fino a quel momento. L’intento è quello di accrescere la consapevolezza di sé e quindi di tutte le possibilità che ciascuno di noi rappresenta, così da potersi riappropriare della responsabilità personale, della scelta, del senso e scopo della propria esistenza. Integrare significa dunque far dialogare le dimensioni affettive, cognitive, comportamentali e fisiologiche del funzionamento umano, dare un significato alle espressioni di ciascuna di esse, renderle funzionali non solo alla sopravvivenza ma anche alla crescita personale.

Sul piano tecnico, l’integrazione viene attuata tra diversi modelli psicoterapeutici. Vale la pena ricordare che la maggior parte degli psicoterapeuti adotta da tempo un approccio integrativo: solo il 15% utilizza un unico modello teorico, il restante integra mediamente quattro diversi orientamenti (Tasca et al., 2015 - Riferimento in calce).

È importante inoltre chiarire che integrazione non è eclettismo. Quest’ultimo, nella sua accezione più negativa, è il pescare qua e là dai vari modelli psicoterapeutici tecniche che paiono “funzionare”, tralasciandone i presupposti teoretici da cui traggono origine. Quello eclettico è dunque un approccio asistematico e ateoretico, quindi potenzialmente azzardato. Il terapeuta eclettico è sostanzialmente interessato solo al risultato, senza interrogarsi sul come e perché l’eventuale cambiamento avviene, cosa che invece fa il terapeuta integrativo.

Nello specifico, e in estrema semplificazione, il mio approccio integra:

  • Una modalità di relazione tipicamente rogersiana, in cui l’alleanza terapeutica muove da un atteggiamento terapeutico empatico, positivo e incondizionato, fiducioso circa le possibilità del “cliente”, che viene svestito del suo abito di “paziente” (soggetto passivo che si affida alle cure del “dottore”) per tornare a essere soggetto attivo, responsabile e protagonista del suo processo di cambiamento

  • Talune strategie cognitivo-comportamentali come la modellazione, il rinforzo, la desensibilizzazione sistematica, il problem solving, il training assertivo, la fantasia guidata, il colloquio socratico, la ristrutturazione cognitiva

  • Contributi provenienti della psicologia umanistica di Maslow, nella cui prospettiva l'individuo "sano" è colui che giunge alla sua autorealizzazione, cioè al pieno sviluppo delle proprie potenzialità, sostenuto da una sobria autostima e da un locus of control realistico e funzionale. Temi peraltro assai vicini a quelli di Frankl che, con la sua terapia esistenziale, ritiene che soltanto dando un significato della propria vita si possono superare certe difficoltà

  • Strategie psicodinamiche come analisi del transfert e contro-transfert, interpretazione dei sogni, esplorazione delle fantasie e della vita immaginativa, individuazione degli stili di attaccamento, analisi dei meccanismi di difesa, utilizzo di tecniche proiettive come l’interpretazione del disegno

  • Tecniche gestaltiche quali la consapevolezza focale (concentrarsi sul “qui e ora”), l’amplificazione, il role-playing, il monodramma, la sedia vuota, il “parlare a” invece del “parlare di”, l’uso delle metafore

  • Psicologia evoluzionistica con i suoi sistemi motivazionali innati, in grado tra l’altro di spiegare come certi comportamenti siano adattivi e che si può imparare a regolarli

  • Contributi come gli archetipi e le maschere di Jung, la teoria della ghianda di Hillman, le intelligenze multiple di Gardner, la pragmatica della comunicazione umana di  Watzlawick, Beavin e Jackson,  l’intelligenza emotiva di Salovey e Mayer, le dinamiche relazionali e di gruppo di Moreno

Tutto ciò avviene entro la cornice olistica della teoria dei sistemi originariamente organizzata da Von Bertalanffy e poi sviluppata da un notevole numero di studiosi interessato alle sue applicazioni nel campo della psicoterapia.

Tasca, G. A., Sylvestre, J., Balfour, L., Chyurlia, L., Evans, J., Fortin-Langelier, B., ... & Wilson, B. (2015). What clinicians want: Findings from a psychotherapy practice research network survey. Psychotherapy, 52(1), 1.

 

Qualcuno per me

 

Vorrei qualcuno che capisse perché è da un po’ che mi specchio e non vedo niente

Ne ho bisogno perché non è vero che il passato è passato, ma è un irrisolvibile presente

Lo cerco perché non ce la faccio più a buttare di lato il peso ogni mattina per alzarmi

E perché a volte ho pensieri che non vorrei avere, come quando cerco su internet il modo migliore per farla finita

 

Ho bisogno di aiuto perché non so che ci sto a fare, non l’ho chiesta io questa vita e non so da che parte andare

E l’ansia mi attanaglia per cose che so essere stupide, eppure mi opprime al petto e mi impedisce di guidare

La paura mi blocca e mi costringe a fermare la mia corsa, ma poi non ho pensieri per darle senso e risolverla

E mi chiedo come fanno gli altri, che vanno spediti e sanno dove andare

 

Forse è la solita storia dell’ingiustizia terrena e divina, di chi ha più e chi meno

O forse sono semplicemente matta, come quei momenti in cui tutto diventa irreale

Quando non sono più tra gli altri e nemmeno le mie mani sembrano più mie

Ma non posso dirlo in giro, nemmeno che solo tagliandomi torno in me stessa

Perché il sangue che scorre quello sì è vero, il dolore è vita

Ho bisogno di parlare dei miei incubi, di quel mostro che mi aspetta ogni sera

Di qualcuno che sopporti le mie lacrime, la mia pesantezza e pessimismo

Che non si spaventi per le mie perversioni, per certe fantasie inenarrabili che poi diventano realtà

E che mi accompagni nelle mie vergogne, nella mia inadeguatezza, chiusura, fallimento

Che mi faccia sentire al sicuro insegnandomi a riuscirci da sola

Che mi faccia sentire bella dentro e ricca, sorridente e creativa

Ma sappia anche sbattermi in faccia la verità dei miei errori, che non abbia paura di dirmela

E mi dia nuovo slancio, nuovo desiderio di vita e di me

 

Cerco un Maestro, un Saggio e un Santo

O forse solo un terapeuta che ne ha ascoltate troppe per sbalordirsi di me

Uno che mi rassicuri sulle mie paranoie, quando son tutti lì a guardarmi e pure la vicina mi spia

Che mi spieghi perché sono strana, che a scuola e al lavoro non m’hanno mai considerato

Che vorrei un figlio ma anche no, visto che non so badare a me stessa e finirei con lo sbatterlo al muro

Una persona a cui poter dire della mia rabbia, del desiderio di far male a qualcuno anche a caso

Della mia pazzia e delle voci che talvolta sento, delle parti di me che prendono il sopravvento

 

Voglio tanto, lo so, ma se questa vita è l’unica che ho, allora non posso più sbagliare

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